Di donne, di ieri, recita il titolo, ma in realtà il libro parla delle donne di tutti i tempi, anche di quelli attuali e di quelli che verranno, purtroppo e per fortuna. Purtroppo perché ancora per un po’ ci sarà bisogno di donne che sappiano trovare il coraggio dentro se stesse, o nell’esempio di chi sta loro accanto. Per fortuna perché sarà grazie a personaggi come questi che il mondo può sperare di diventare un posto migliore. Stiamo parlando ovviamente dell’esordio narrativo di Giusi Arimatea, che ha solo momentaneamente messo da parte la sua attività di blogger, critica e autrice di teatro, cronista sportiva e curatrice di mostre d’arte, e per Natale ci ha regalato questa bellissima storia, stampata per i tipi della Pungitopo di Lucio Falcone.

Di donne, di ieri racconta le vicende di tre donne, di tre diverse generazioni, che a dispetto della differente età sono estremamente affini tra loro: lo sono la protagonista Lucrezia detta Lulù e la madre, ma lo è anche la vedova Pracanica (“sempre sia benedetta”, non manca di salmodiare la madre di Lulù ogni volta che la nomina), nonna elettiva: vedova, sia chiaro, di un marito che non è mai morto, ma la cui uscita di scena torna comoda a entrambi, salvo brevi apparizioni per esaudire desideri della sua vedova (o cedere ai suoi ricatti morali?).

È un romanzo di formazione, possiamo dire, che racconta le vicende di una giovane siciliana col pallino del giornalismo (a chi somiglierà mai?) che realizza il suo sogno a Milano, e che abbandona per tornare alle proprie radici.

Bella la scelta di adottare un doppio registro narrativo, con il racconto in prima persona di Lulù che si alterna con quello di un narratore esterno, anche se esterno lo è solo tecnicamente. Consiglio vivamente di leggerlo, perché chi conosce Giusi ce ne trova un pezzetto in Lulù, uno in sua madre e uno nella vedova Pracanica, sempre sia benedetta; e chi non la conosce, c’è da giurarci, ci troverà un pezzetto di se stesso.