Certe volte mi viene di fare pensieri che non condivido, e quello di cui oggi parlo è uno di questi. E con ciò anticipo anche che non risponderò a eventuali commenti, ma mi farà piacere leggerli.

Pensavo alle elezioni, e al governo. Anche a quello in carica naturalmente: pensavo al governo di Giorgia (prego notare la corretta grafia), primo governo dopo tanto tempo a essere eletto dal popolo, e pertanto assolutamente legittimato a stare dov’è. Mi chiedevo, conseguentemente, come fa una parte politica ad andare al governo, in Italia. (A essere sinceri mi chiedevo come ha fatto “questa” parte politica ad arrivare al governo, ma meglio sorvolare…). E mi sono fatto il seguente ragionamento.

In Italia, di norma, va a votare il 60 o il 70% degli aventi diritto. Più vicino al 60 che al 70, nell’ultimo caso. Secondo me, siccome non mi risulta che ci siano turni per astenersi (del tipo “oggi rimango a casa io, alle europee io voto e tu vai al mare…”) la massa degli astenuti è sempre la stessa, sostanzialmente.

Il rimanente (facciamo il 65%, va’…) va a votare. Ora, di quel 65% della massa votante, all’incirca un 30% è di sinistra, ha sempre votato sinistra e sempre voterà sinistra; un altro 30% è di destra, ha sempre votato destra e sempre destra voterà. Rimane un 40%, che non sa dove ha la mano destra e la mano sinistra, ma comunque va a votare: ci va perché ha il seggio sotto casa, e ci passa tornando da messa o dal bar; ci va perché gli hanno dato il buono benzina; ci va perché il consigliere di quartiere ha fatto scrutatore il figlio, o ancora perché il tizio vuole confermare il reddito di cittadinanza o il caio lo vuole eliminare. Comunque ci va, e una volta vota da una parte e una volta vota dall’altra, determinando quale schieramento andrà a governare. Ed è nelle mani di questa massa ondivaga di analfabeti funzionali, che balla il destino dell’Italia.

parola di Mario Benante